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è un marchio che opera nel comparto della meccatronica, con un orientamento all’industria 4.0 con linee di processo in cui le macchine sono interconnesse in modo intelligente.

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L’Industria 4.0 è il presente. Da dove iniziare per costruire una Smart Factory?

1. Industria 4.0, ricapitoliamo...

Nel 2012, quando sono incominciati a circolare i concetti di “smart manufacturing” e di “Industria 4.0”, si utilizzava anche l’espressione “fabbrica di domani” per indicare l’evoluzione futura dei processi di produzione industriale.

Oggi, a 6 anni di distanza, gli enormi e irreversibili cambiamenti a cui abbiamo assistito suggeriscono di sostituire l’idea di futuro con quella di presente.

Una trasformazione che molti paragonano a una vera e propria rivoluzione industriale, la Quarta per essere precisi. 

Ma quali sono i protagonisti di questa radicale modifica? Internet e una connessione sempre presente e veloce, il cloud computing, la possibilità di raccogliere e analizzare quantità gigantesche di dati (Big, per l’appunto), l’internet delle cose (IoT), l’Intelligenza artificiale e il machine learning, la robotica avanzata, le human-machine interfaces, i cosiddetti cyber-physical systems, la stampa 3D e i processi di automazione sono realtà concrete che ormai hanno trovato applicazione nella produzione industriale.

Come una connessione sempre disponibile e la tecnologia digitale hanno modificato le nostre vite (pensiamo al modo di comunicare), così esse hanno rivoluzionato la fabbrica. 

Molti stravolgimenti per altrettanti vantaggi. Industria 4.0 significa migliore gestione dei processi, maggior efficientamento, precisione e flessibilità in un mercato in continuo movimento, globalizzato, senza confini, con una concorrenza che superando il ristretto ambito nazionale, diventa sempre più agguerrita e difficile da battere. Ecco che:

  • essere in grado di efficientare i processi
  • ridurre i costi
  • diminuire il time to market
  • abbattere i margini di errore e il rischio d’impresa
  • programmare le azioni ottimizzando le risorse e realizzando prodotti più complessi in maggior quantità

diventano elementi indispensabili. Solo così è possibile rispondere meglio e in tempi più rapidi alle esigenze dei clienti, offrendo loro non solo standard qualitativi più alti, ma anche prodotti e servizi personalizzati senza costi proibitivi per l’azienda.
Impossibile dunque sottrarsi.

2. “Super” e “iper” ammortamento, veri inneschi al cambiamento 

Vista la posta in gioco – ovvero il futuro del sistema produttivo in generale e manifatturiero in particolare di fronte alla dirompente modernizzazione – i governi dei principali Paesi industrializzati hanno messo in campo sistemi che favorissero gli investimenti in tecnologia 4.0.

In Italia si è puntato principalmente su misure fiscali che agevolassero l’investimento di risorse in tecnologie abilitanti da parte delle aziende; fra tutte i cosiddetti “super” e “iper” ammortamento. Partiti alla fine del 2015 con il Piano Industria 4.0, questi provvedimenti sono stati prorogati anche per il 2019. Una buona notizia per chi vuole iniziare o, se ha già cominciato, proseguire il cammino di digitalizzazione della propria azienda. 

Con il 2019 è previsto un iper ammortamento progressivo per quei soggetti che investono fino a 2,5 milioni di euro nell’acquisto di beni strumentali legati all’Industria 4.0. La progressione segue i seguenti criteri: 

  • 270% fino a 2.5 milioni €
  • 200% dai 2.5 ai 10 milioni €
  • 150% dai 10 ai 20 milioni €
  • 140% per chi investe in prodotti immateriali (software) e altri dispositivi per migliorare la produzione della propria azienda.

Senza dubbio, sono stati super e iper ammortamento i provvedimenti in grado di far decollare gli investimenti in tecnologia nell’industria italiana. 

Grazie ad essi un numero crescente di aziende si è servita degli incentivi per modernizzare aree, più meno vaste, della produzione. Un innegabile merito, dunque, per un sistema Paese che a cluster e distretti di eccellenza anche dal punto di vista dei sistemi produttivi, alterna aree ancora legate a logiche del passato, ormai obsolete. 

Dai dati diffusi di recente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che il super ammortamento è stato usufruito da 214.651 soggetti ovvero, il 18,4% del totale delle imprese, per una cifra pari a 2 miliardi di euro.

L’agevolazione è stata inoltre utilizzata da oltre 518 mila soggetti, fra imprese individuali e professionisti, per un ammontare complessivo di quasi 295 milioni di euro (da dichiarazione dei redditi 2017).

Per quanto riguarda l’iper ammortamento invece è opportuno aspettare l’anno prossimo per avere dati attendibili: a differenza del super ammortamento, entrato in vigore nell’ottobre 2015, l’iper è partito solo a gennaio 2017.

Da fonti ISTAT, il 61% delle imprese manifatturiere ha dichiarato di aver investito in tecnologia proprio perché erano disponibili tali strumenti fiscali (super ammortamento); analogo discorso per l’iper ammortamento, ragione decisiva per una scelta per oltre il 47% di esse. Per quanto riguarda gli altri settori produttivi, l’iper ammortamento gode del favore di un’azienda su due, in particolare di quello degli apparecchi elettrici (58,9%), della gomma e plastica (57,7%), della metallurgia (55,8%), dell’elettronica e dei macchinari (53,6% in entrambi i casi).

E molte altre realtà imprenditoriali sono intenzionate a servirsene, convinte che la chiave della competitività e della crescita stia anche nell’investimento in tecnologia in grado di migliorare tempi e modi di produrre. 

Per il 2018, quasi la metà delle imprese (47%) aveva dichiarato di prevedere investimenti in software, il 30% in tecnologie di comunicazione machine-to-machine o Internet of Things e il 27% in connessione ad alta velocità (cloud, mobile, Big Data etc.) e in sicurezza informatica. 

3. Investimenti sì, ma è necessario programmarli

Al di là delle dichiarazioni di intenti, la ricerca tecnologica, anche in questo caso, è più veloce di quanto sia la capacità e la volontà di adottarla da parte degli individui. 

Tuttavia, attrezzare la propria azienda a resistere, superare e – questo è l’obiettivo – vincere le sfide di un cambiamento epocale come quello portato dall’Industria 4.0 è un tema che merita attenzione e un surplus di analisi e riflessione. 

Solo conoscendo a fondo la propria azienda, scoprendo criticità e punti di forza, osservando i processi, enumerando costi e ricavi, è possibile prendere decisioni non solo corrette, ma anche in grado di apportare benefici duraturi, in modo da evitare i correttivi in corsa o peggio i cambi di rotta. 

“Più conosco, meglio scelgo”, si può sintetizzare. Eppure nella maggioranza dei casi ciò non avviene e alle ampie percentuali di imprenditori che si sono dichiarati interessati non è seguita una vera e propria pianificazione delle risorse economiche.
Talvolta infatti, a muovere l’investimento in tecnologia 4.0 sono due macro ragioni:

  1. un bisogno circoscritto o un’urgenza (ad esempio cambiare una macchina, sostituire un software, etc.) 
  2. il timore che scadano i termini per l’agevolazione. 

In questo senso, accade che in una stessa realtà aziendale vi siano linee di produzione avanzatissime, automatizzate e in grado di restituire un’enorme quantità di dati, affiancate da altre non attrezzate per farlo perché non ancora connesse o troppo antiquate. Ugualmente dicasi per CRM o ERP non sempre in grado di dialogare con altri sistemi presenti in fabbrica. 

4. Analisi e programmazione. I punti di partenza

Andare verso una fabbrica smart significa avere innanzitutto approntato – almeno in termini macro – un piano, una road map di questo processo di modernizzazione. 

Nessuno dimentica che le urgenze della produzione e le normali criticità del quotidiano (i clienti non possono attendere, gli ordini vanno evasi) portano ad avere poco tempo per una programmazione approfondita. Tuttavia, è fondamentale individuare bisogni precisi, analizzare dati e flussi di lavoro per scegliere il piano migliore, più funzionale al proprio business. Per partire da dove davvero serve. 

Non sempre, per esempio, gli imprenditori riescono a fornire una precisa quantificazione dei costi di realizzazione di un loro prodotto. Ne hanno, ovviamente, un’idea che si avvicina alla realtà: sanno quanto costa la materia prima, quanto l’energia, il lavoro dell’operaio che lo produce, quanto ammonta l’affitto del capannone in cui lavorano, ma non la cifra esatta che racchiude tutti i fattori che determinano il costo reale dell’oggetto prodotto. 

Ma quali possono essere le fondamenta, gli elementi sui quali costruire la propria industria 4.0? Vediamo quelli a cui non si può rinunciare.

5. La cyber security, elemento trasversale

Un mondo “open”, aperto e interconnesso, ha un’infinità di vantaggi e potenzialità (ancora da inventare, per certi versi) ma anche delle criticità legate alla sicurezza e alla vulnerabilità. È il rovescio della medaglia della libertà. 

Concetto valido per le nostre società, ma anche per il mondo della produzione, che se dalla globalizzazione e dall’apertura trae benefici molto più consistenti di quelli che avrebbe (e aveva) da un sistema rigido, chiuso e regolato da barriere, non può dimenticarsi di attivare sistemi di difesa efficaci. 

Un’architettura di cyber security ben strutturata e calibrata è irrinunciabile e trasversale a ogni ragionamento sull’Industria 4.0. 

Se, attualmente il discorso sulla sicurezza informatica ottiene un buon grado di penetrazione e attenzione quando si tratta di sistemi IT, di comportamenti corretti da parte del personale, di normative sulla privacy e gestione dei dati, ciò non può dirsi quando il focus si sposta sull’impianto produttivo. In fabbrica, infatti, stenta a maturare l’idea che una produzione 4.0 (che fa della connessione e dello scambio di dati i punti nodali) e la sicurezza informatica siano strettamente legate. E che, in caso di mancata protezione, si possa mettere a rischio la sopravvivenza stessa dell’azienda, con attacchi informatici oggi capaci di sabotare e bloccare l’intera produzione. 

La presenza o meno di un valido sistema di cyber security diviene anche criterio con cui le assicurazioni valutano un’azienda (e il suo rischio assicurativo) e le agenzie di rating il punteggio di uno Stato. 

6. Le competenze e la formazione del personale

Da qualsiasi punto si voglia approcciare la trasformazione digitale non si può prescindere dall’importanza e dalla centralità delle risorse umane. Al di là di ogni discussione sulla cosiddetta “job disruption”, è certa la necessità, attuale e futura, di avere operatori preparati. Il nuovo sistema produttivo e organizzativo della fabbrica non potrà fare a meno della centralità dell’essere umano. In questo caso competente, specializzato e qualificato per svolgere compiti diversi da quelli svolti sino ad ora.

Sono proprio le risorse umane che possono potenziare i benefici dell’implementazione delle tecnologie abilitanti 4.0 e dei processi di ammodernamento che ne derivano con effetti altamente performanti in termini di efficientamento e redditività dei sistemi aziendali. 

Da qui l’importanza di investire in percorsi formativi qualificanti che possano dare alle risorse umane nuove competenze per far fronte al futuro.

Per le aziende il compito non sarà facile. Esse dovranno affrontare la complessità nella definizione dei profili professionali che verranno calati nel nuovo contesto organizzativo e produttivo che non sarà statico ma diventerà progressivamente dinamico. Ciò determinerà la necessità di identificare con chiarezza quali professionalità saranno in grado di aiutare nel concreto le aziende nel processo di trasformazione digitale. 

Data la complessità sia nella definizione dei ruoli che nell’identificazione delle competenze non sarà sufficiente la sola valutazione dei curriculum vitae i cui contenuti dovranno trovare un’effettiva corrispondenza in termini di concretezza ed efficacia sul campo. 

La scelta di percorsi formativi altamente specializzanti e propedeutici alla certificazione delle competenze, potrebbe essere la strada corretta da percorrere per individuare i profili più idonei. In questa direzione è andato l’incentivo del Credito d’Imposta che ha favorito e che anche per il 2019 continuerà a favorire la formazione dei dipendenti.

L’incentivo fiscale presenta importanti novità rispetto alla versione precedente. In particolare le attività formative 4.0 (rif. Tecnologie abilitanti piano Nazionale 4.0) sono agevolabili sotto forma di credito d’imposta in base alla classe dimensionale dell’azienda:

  • piccole imprese: credito d’imposta pari al 50% del costo del personale dipendente per il periodo in cui è occupato nella frequenza di corsi di formazione. Tetto massimo: 300 mila euro.
  • medie imprese: credito d’imposta pari al 40% del costo del personale dipendente per il periodo in cui è occupato nella frequenza di corsi di formazione. Tetto massimo: 300 mila euro.
  • grandi imprese: credito d’imposta pari al 30% del costo del personale dipendente per il periodo in cui è occupato nella frequenza di corsi di formazione. Tetto massimo: 200 mila euro.

7. Manutenzione, non riparazione

Può apparire un fattore meno decisivo rispetto agli altri sopra citati. In verità una fabbrica è smart quando riesce a gestire in maniera efficiente – in ogni senso – le problematiche che via via si possono presentare. E i guasti, come gli imprenditori sanno, sono fra le più frequenti cause di criticità. 

Il tempo non investito in una periodica revisione delle macchine è spesso doppiamente perso quando queste si bloccano a causa di un malfunzionamento. Si tratta di una logica emergenziale che crea danni anche importanti all’impresa con conseguenze tanto nell’immediato (consegne che saltano) come nel medio-lungo periodo (una reputation che si abbassa).

Anche in questo caso, un sistema ben congegnato e interconnesso è in grado di restituire dati chiari e interpretabili sullo stato di salute del proprio impianto, prevenendo il problema, piuttosto che attendendo di risolverlo nel caso si presenti. 

8. Essere preparati per affrontare il cambiamento

È possibile ignorare questa rivoluzione, non adeguarsi al cambiamento, rimanere come si è oggi? 

Forse la domanda non è quella giusta. Crediamo infatti che si tratti solo di una questione di tempo, ma è impensabile rimanere ai margini di queste trasformazioni che già interessano e fanno parte del nostro quotidiano: internet, IoT, digitale, Big Data, automazione, globalizzazione, cyber security, intelligenza artificiale, integrazione tra sistemi cyber e fisici. 

Chi non si sposta verso questa forma di modernizzazione andrà incontro, da qui ai prossimi anni, a una forte contrazione del proprio business. 

La smart factory, con la sua capacità di ridurre le inefficienze è l’unica via per rimanere attivi sul mercato, come già hanno sperimentato le imprese a bassa marginalità sul prodotto, prime a doversi adeguare (se non lo hanno già fatto). 
A seguire vi sono le altre, che dall’adozione del 4.0 potranno godere di performance migliori, aumentare la qualità del servizio, del prodotto, riducendo le inefficienze, ottimizzando le risorse, abbattendo il time to market. In sintesi, rimanere competitive.